Il TAR Liguria con
la sentenza del 9
dicembre 2024, n. 850, recepisce il principio del nuovo codice, accogliendo
il ricorso di un RTI escluso da una procedura aperta per l’affidamento di
lavori, per non avere indicato esplicitamente la volontà di avvalersi del
subappalto per le categorie di lavorazioni in cui le imprese aderenti al
raggruppamento non erano qualificate. Secondo il RTI ricorrente, pur
avendo impiegato l’imprecisa espressione “riservarsi”, le imprese
avrebbero dichiarato che si sarebbero avvalse del subappalto, motivo per
cui la sanzione espulsiva si sarebbe rivelata eccessiva e sproporzionata, focalizzata
soltanto sulla forma della dichiarazione e nonostante la legge non imponga
formule sacramentali. Nonostante avesse attivato il soccorso istruttorio, il
RUP aveva estromesso il RTI per mancanza dei requisiti di
qualificazione, considerando che mentre per alcune lavorazioni le imprese
del gruppo hanno manifestato in modo inequivocabile la volontà di valersi
del subappalto necessario, per le altre categorie esse erano sono
limitate ad esprimere una generica riserva di subaffidare le
opere, indicando così un subappalto meramente facoltativo. Il TAR ha dato
ragione al RTI ricorrente. L’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 sancisce che il
principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione –
consistente nell’ottenere tempestivamente il miglior rapporto qualità / prezzo
– costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale
e per l’individuazione della regola del caso concreto”. Ai sensi dell’art.
4 del d.lgs. n. 36/2023, il principio riveste un ruolo preminente (unitamente
alla fiducia ed all’accesso al mercato) nell’interpretazione ed applicazione
delle disposizioni codicistiche. Come evidenziato nella sentenza, nella materia
dei contratti pubblici il risultato è divenuto il criterio ordinante,
perché valorizza i poteri discrezionali dell’Amministrazione nel perseguimento
dell’interesse pubblico e ripudia automatismi e formalismi nell’attuazione
concreta delle regole. Dunque, il principio del risultato costituisce la
“stella polare” che guida le stazioni appaltanti verso l’opzione veicolante la
maggior efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa. Ne deriva che,
applicando il principio al caso in esame, la SA avrebbe dovuto seguire il
percorso ermeneutico per il quale la dichiarazione di subappalto resa dal
raggruppamento in sede di offerta, come precisata nell’ambito del soccorso
istruttorio, risulta idonea a legittimare il ricorso delle imprese associate al
subappalto necessario non solo per una categoria, ma per tutte quelle indicate.
A questo proposito, ha spiegato il TAR che il subappalto necessario (o
qualificante) possiede la stessa natura giuridica di quello facoltativo (o
semplice), dal quale si differenzia solamente dal punto di vista funzionale,
essendo imposto dal difetto di qualifica del concorrente ad eseguire
lavorazioni rientranti nelle categorie scorporabili a qualificazione
obbligatoria (cfr. art. 12, comma 2, del d.l. n. 47/2014, conv. in l. n.
80/2014). Pertanto, in assenza di una norma che imponga uno speciale onere di
forma, non può richiedersi per il subappalto qualificante una dichiarazione
differenziata da quella valevole per il subappalto semplice. Secondo
l’interpretazione orientata al risultato, come adottata del giudice, si ritiene
che il concorrente possa porre rimedio all’ambiguità di siffatta espressione
mediante chiarimenti nella fase di soccorso istruttorio. Il ricorso
è stato quindi accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di
esclusione.